Uno dei modi migliori per conoscere le organizzazioni è partire dal conoscere le loro persone.

  1. Un mercato del lavoro alla continua ricerca

Si sgomita nel mondo del lavoro: si studiano strategie di attraction, si cercano soluzioni, ci si impegna per essere distintivi, per ‘arrivare prima di’, si investe in attività e campagne di employer branding, si ridisegnano processi di Onboarding, percorsi di carriera ‘agili’ e così via…tutto questo per portarsi a casa i migliori talenti!

È proprio su questi ultimi che le organizzazioni puntano i loro occhi: tutti li cercano, tutti li vogliono, lottano per conquistarli. La sfida nasce da un pensiero ‘viziato’ che porta a considerare e a percepire solo un tipo di talento, quello fatto e finito, pronto all’uso.

In realtà, e qui gli studi psicologici ci insegnano, ognuno di noi è un potenziale talento, ognuno di noi potrebbe eccellere in un determinato lavoro, contesto, attività; si tratta di un mix di combinazioni che stimolano la persona a distinguersi perché motivata e soddisfatta da un qualcosa che le riesce bene.

E allora, se le organizzazioni andassero in questa direzione? Se fosse più fruttuoso investire in una semina…lenta sì, ma con l’aspettativa di meravigliose fioriture (talenti di ogni specie)?

  1. Talento Chi?

“Usa il talento di cui sei in possesso: i boschi sarebbero molto silenziosi se nessun uccello cantasse ad eccezione di quelli più intonati.”  

HENRY VAN DYKE

Partirei da questa riflessione e dal potere motivazionale che esprime per iniziare a parlare di talento. Il mondo del lavoro oggi ci pone continuamente di fronte a questa parola: ta-lèn-to.

Ma chi è il talento? O meglio, cosa intendono le organizzazioni per talento?

Siamo immersi in una cultura che ci porta a credere che il talento sia unicamente qualcosa di innato, una dote con la quale si nasce e che contraddistingue pochi prescelti. Facciamo fatica a pensare di poterne avere uno, magari nascosto, e a credere che con un duro lavoro, perseveranza, passione, si possa arrivare a risultati strabilianti.

Perché non credere in noi stessi e nella possibilità di essere tutti dei talenti in qualcosa?!

In questo le organizzazioni potrebbero supportarci, cambiando la loro strategia ed iniziando a ripensare ai propri employee con un atteggiamento nuovo, spronando, formando, prospettando percorsi di crescita alternativi, che permettano ad ognuno di sperimentarsi in una forma di lavoro soddisfacente e produttiva (per entrambi!)

Investire per attrarre talenti sì, ma senza perdere di vista la ‘forza’ che può scaturire dal far fiorire quelli già presenti e soprattutto non pensando che ne serva sempre uno!

  1. Attraction e Retention: due facce della stessa medaglia!

Parliamo spesso di attrattività, è diventata una parola chiave del nostro vocabolario, sempre più centrale e strategica nel disegno e nell’implementazione dei processi organizzativi.

Il tema dell’Employer Branding sta spopolando, ci si è resi conto della necessità di investire in termini di posizionamento, distintività, comunicazione di un sistema valoriale, di un senso di appartenenza vero e sentito, dell’importanza di lavorare su un engagement portato alla luce dagli stessi employee, i protagonisti ed i portavoce di un mondo del lavoro che è mutato e per certi versi continuerà a mutare.

Se attrarre i giusti candidati resta un tema centrale per le aziende odierne è altrettanto importante e sfidante riuscire poi a trattenerli, mantenendo viva l’attrattività della fase iniziale, trasformandola in un rapporto sincero, fatto di richieste, obiettivi, strategie ma anche di attenzioni, cura e fiducia.

Siamo nell’era delle grandi dimissioni, del quiet quitting, del work-life balance prima di tutto e allora quanto occorre investire in termini di retention? Esser pronti ad accogliere i nuovi ‘talenti’, affiancarli e guidarli, farli sentire parte di un tutto, mantenerli ingaggiati e motivati, permetter loro di sperimentare e scoprire nuovi interessi, nuove passioni: saranno queste le grandi sfide che le organizzazioni odierne si ritroveranno ad affrontare!

Anastasia Santilli, Organizational Consultant, Mylia

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