Il punto di vista di Lorenzo Fantini, Avvocato giuslavorista, già Dirigente del Ministero del Lavoro nel periodo in cui è nato il Testo Unico sulla Sicurezza sul lavoro Dlgs. 81/2008
Fino a che punto il tema della sicurezza nelle aziende è conosciuto?
Il tema è tipicamente poco conosciuto, qualche volta addirittura anche dalle Amministrazioni competenti in materia. Credo perché ci sia un limitato interesse dei media in merito, che porta a parlare poco del fenomeno e ancora meno ad approfondirlo. Ad esempio, ben pochi (salvo gli “addetti ai lavori”) sanno quanti infortuni sul lavoro ci sono ogni anno in Italia e che danni sociali essi producono (secondo l’INAIL, almeno 40 miliardi di euro ogni anno).
In che modo la cura dei dettagli ha importanza nella gestione della sicurezza?
Il dettaglio nella salute e sicurezza sul lavoro si traduce come “procedura”. Ogni rischio va valutato, senza eccezioni, e va eliminato, se possibile. Quando, come accade quasi sempre, esso non può essere eliminato, va gestito per mezzo di misure che devono essere conformi allo “stato dell’arte”, attuate dall’azienda e, quindi, portate a conoscenza dei destinatari. Le procedure sono l’essenza stessa della prevenzione.
E’ evidente che esiste uno stretto legame tra gestione della sicurezza e organizzazione aziendale. In che modo potrebbe essere stimolata da un approccio più innovativo della gestione della sicurezza attraverso l’utilizzo della tecnologia? Avresti qualche idea pratica in questo senso da poter consigliare?
Esistono sul mercato prodotti (penso a molte app, ad esempio) che consentono – grazie alla tecnologia – di coniugare le esigenze di rapidità delle aziende con quelle legate alla erogazione di informazioni e conoscenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In questo modo qualsiasi organizzazione di lavoro può continuamente sensibilizzare chi fa parte dell’organizzazione stessa sul proprio ruolo in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e tenere sotto controllo i così detti “comportamenti pericolosi” individuali, causa della maggior parte degli infortuni sul lavoro.
L’art. 20 del Dlgs. 81/2008 dice che il lavoratore deve prendersi cura di sé e degli altri. Nella tua esperienza di consulente sulla sicurezza quale percezione hai?
Questa frase, contenuta in apertura all’articolo 20 del d.lgs. n. 81/2008, spiega bene che ognuno deve tutelare la propria persona e tutte le altre, nella piena consapevolezza che al lavoro si fa parte di una comunità, in cui le condotte (virtuose o pericolose che siano) sono interconnesse. Come consulente ho la fortuna di lavorare con aziende in cui – a seguito di anni di interventi e attività di sensibilizzazione – questo concetto è largamente condiviso ma in termini generali, purtroppo, ritengo che questa consapevolezza manchi nei singoli e nelle imprese, soprattutto di limitate dimensioni, in cui (a mio parere non a caso) si verificano la massima parte degli infortuni sul lavoro.
Quale secondo te è la differenza tra la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella vita privata?
I concetti generali della sicurezza sul lavoro (rischio, danno, prevenzione, protezione…) sono i medesimi perché nella vita, anche se non si è al lavoro, il rischio di un incidente è sempre presente. La differenza è che la sicurezza sul lavoro, paradossalmente, è molto più regolata nel dettaglio rispetto alla sicurezza nella vita “privata”. Ad esempio, l’impianto elettrico aziendale è ben più rigorosamente regolamentato rispetto all’impianto elettrico delle case private (che, quindi, è ben più “a rischio”).
Il rischio zero esiste? Si può prevenire tutto? Cosa si può fare allora?
Come la più attenta giurisprudenza ha sottolineato negli ultimi anni (cito solo la sentenza della Cassazione penale, sez. quarta, n. 50000 del 2018), il rischio zero non esiste e, quindi, le aziende non debbono impedire l’evento (cosa che sarebbe impossibile) ma adottare per ogni rischio le misure che, secondo lo stato dell’arte, sono in quel momento storico conosciute nel settore di riferimento. Ad esempio, per il Covid-19, come previsto per legge (articolo 29-bis della legge n. 40/2020), la responsabilità dell’azienda non si ha se c’è un contagio al lavoro ma solo se al lavoro non siano state adottate le misure emergenziali (quelle previste dai Protocolli obbligatori in merito). Ciò che si può prevedere e prevenire va previsto e vanno adottate le misure di tutela conosciute, altro non può chiedersi a nessuno.
Spesso ti ho sentito dire che siamo un’opera d’arte. Ci spiegheresti cosa intendi dire?
Le persone sono uniche, come le opere d’arte. Quindi, vanno preservate al lavoro in qualunque modo, perché la perdita di una persona è un danno irrecuperabile “per l’arte” (e nella metafora l’arte è la vita).