“Come la qualità delle relazioni professionali diventa leva strategica per l’adattabilità e l’innovazione delle organizzazioni moderne”
Un paradigma in evoluzione “Siamo qui per lavorare, non per essere amici”. Chi di noi non ha mai sentito – o forse pronunciato – questa frase nei contesti professionali? Essa riflette un paradigma organizzativo che sta attraversando una profonda trasformazione. L’idea che il contesto lavorativo debba essere un ambito distaccato dalla vita personale, dove le relazioni rimangono asettiche e puramente funzionali, sta mostrando i suoi limiti di fronte alle nuove sfide organizzative.
Non si tratta di superare completamente questo paradigma, quanto piuttosto di farlo evolvere verso una visione più integrata del lavoro, dove la qualità delle relazioni non è più vista come un elemento accessorio ma come una necessità strategica. La domanda che dobbiamo porci non è se possiamo permetterci di avere ambienti organizzativi “freddi”, ma se possiamo permetterci di non sviluppare organizzazioni dove la qualità relazionale diventa un asset fondamentale.
Lo scenario di riferimento: nuovi trend e nuovo rapporto con il lavoro Il mondo organizzativo sta attraversando una duplice trasformazione. Da un lato, assistiamo all’emergere di trend che condividono un elemento comune: l’aumento esponenziale delle interazioni tra le persone. Osserviamo una spinta verso l’agilità e la decentralizzazione, con strutture più fluide che richiedono costante allineamento; l’emergere di una leadership diffusa e di una accountability distribuita, dove le responsabilità e il “prendersi cura” dell’ambiente organizzativo si estendono all’intera popolazione aziendale; un focus crescente sull’innovazione distribuita e sulla co-creazione, dove le soluzioni emergono dall’intelligenza collettiva e dove onere e onore di disegnare contesti organizzativi abilitanti sono diffusi; lo sviluppo di pratiche di allineamento continue e di processi iterativi che moltiplicano i momenti di confronto.
Parallelamente, sta evolvendo il modo in cui le persone si relazionano con il proprio lavoro. Non si cercano più solo opportunità di crescita professionale ed economica, ma spazi dove generare un contributo significativo e riconoscibile, dove allinearsi con il purpose dell’organizzazione, dove esprimere la propria individualità e sviluppare relazioni professionali significative. Le nuove generazioni, in particolare, ci aiutano a valutare criticamente l’opportunità e la necessità di alcune logiche che spesso vengono rappresentate come naturali e ineluttabili. Non si tratta di retorica o di eccessive pretese, ma di una risposta naturale a un contesto che richiede sempre più creatività, partecipazione e innovazione “oltre protocollo”.
Questa duplice trasformazione pone una sfida cruciale: se l’aumento delle interazioni non è accompagnato da un’adeguata qualità relazionale, rischia di diventare insostenibile. Pensiamo a quante volte sperimentiamo interazioni non piacevoli o frustranti nel contesto lavorativo: moltiplicare questi momenti senza curarne la loro qualità può generare un carico emotivo e cognitivo difficilmente gestibile nel lungo periodo.
La qualità relazionale come enabler strategico In questo scenario, la qualità delle relazioni diventa un abilitatore fondamentale per il funzionamento organizzativo. Non si tratta solo di creare un ambiente più piacevole, ma di costruire il substrato necessario per:
- Facilitare i processi di change enablement riducendo le resistenze e la polarizzazione
- Sostenere l’aumento delle interazioni richieste dai nuovi modelli organizzativi
- Abilitare l’innovazione e la co-creazione attraverso il dialogo costruttivo
- Creare il contesto per una vera accountability diffusa
Le caratteristiche di una relazione professionale di qualità Una relazione professionale di qualità si caratterizza per alcuni elementi fondamentali:
- Accettazione e accettabilità: bilanciare il bisogno di essere accettati con l’attenzione a relazionarsi in modo accettabile
- Legittimazione della dimensione emotiva: riconoscere che le emozioni sono parte integrante anche del contesto professionale
- Sicurezza psicologica: creare un ambiente dove è possibile esprimersi e sperimentare senza timore
- Trasparenza e accessibilità informativa: sviluppare una relazione che permetta la possibilità di mostrare ed accedere
Gli abilitatori organizzativi La qualità relazionale nelle organizzazioni non può essere delegata esclusivamente alla funzione HR: richiede un impegno diffuso e sistemico. Per sostenere questa evoluzione, è necessario agire su più livelli:
- Design organizzativo
- Creare spazi e momenti dedicati al dialogo e al confronto aperto
- Integrare pratiche “metacognitive” che permettano di riflettere non solo sui risultati ma anche sui processi
- Sviluppare sistemi di valutazione che considerino anche la qualità relazionale
2. Pratiche collaborative
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- Implementare rituali di feedback reciproco
- Introdurre momenti di retrospettiva sulla qualità delle interazioni
- Facilitare il confronto diretto su temi non solo operativi
3. Sviluppo delle competenze
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- Formare i manager sulla gestione delle dinamiche emotive
- Sviluppare capacità di facilitazione diffuse
- Potenziare le competenze di comunicazione efficace
Verso una nuova sostenibilità organizzativa La sfida oggi è costruire organizzazioni dove la qualità relazionale diventa parte integrante della professionalità e dell’efficacia operativa. Non si tratta di scegliere tra performance e relazioni, ma di riconoscere che, nel lungo periodo, non può esistere vera performance senza qualità relazionale.
Le organizzazioni che sapranno coltivare questa dimensione non solo creeranno ambienti più sostenibili e generativi, ma svilupperanno un vantaggio competitivo cruciale in un mondo dove l’innovazione e l’adattabilità dipendono sempre più dalla qualità delle interazioni umane
Carlo Marchesi – Trainer, Facilitatore, Executive & Team Coach, Speaker