In un mercato del lavoro in cui le aziende si fanno portavoce degli stessi valori e interessi, come mettere a terra una Strategia di Employer Branding efficace?

Ciao Giuseppe, benvenuto in My_view e grazie per la tua disponibilità!

Negli ultimi anni il tema dell’Employer Branding sta prendendo sempre più piede, possiamo ormai parlare di un vero e proprio trend che vede interessate le organizzazioni tutte.

Quanto è importante oggi per le aziende dotarsi di una vera e propria strategia di Employer Branding? Quali sono le opportunità?

Le aziende sono organismi sociali composti da persone che collaborano per creare prodotti o erogare servizi attraverso il lavoro. Promuovere le aziende come luogo dove questo lavoro si svolge meglio che altrove equivale a promuoverne l’essenza stessa. L’Employer Brand di un’Azienda è quindi divenuto una componente essenziale del Corporate Brand e non se ne può più fare a meno. L’opportunità consiste nell’avere una duplice funzione. Da un lato l’Employer Branding posiziona l’Azienda come soggetto attraente per i candidati e per i collaboratori e dall’altro consente un ritorno anche sull’immagine percepita dai clienti.

Ormai possiamo dirlo: “Il paradigma è cambiato!” Le organizzazioni sono passate dal ‘poter scegliere tra diversi candidati’ a “essere scelte dai candidati”: come interpreti questo cambio di prospettiva?

Di questa prospettiva se ne parlava già nel 2002 all’interno del volume “La guerra dei talenti”. Dopo le due crisi economiche del 2008 e del 2012 e con lo stravolgimento del periodo pandemico, l’importanza del capitale umano è diventata centrale. Stiamo assistendo a una retroazione rispetto all’investimento che per decenni è stato condotto sulla tecnologia e sull’AI. Le persone oggi sono più importanti delle tecnologie e questo è evidente dalla difficoltà che si incontra nel reclutarle e selezionarle.

In alcune circostanze si ha la percezione che tutti si facciano portavoce degli stessi temi, valori e interessi, ad es. DE&I, sostenibilità, work-life-balance; possiamo quindi realmente parlare di attrattività e distintività sul mercato?

Capita molto spesso che i valori aziendali siano delle semplici dichiarazioni di intenti e non riguardino quello che realmente l’azienda vive e processa al suo interno. L’Employer Value Proposition è l’impronta digitale di ciascuna azienda e richiede uno studio approfondito del vissuto interno e del percepito esterno. Le mode del momento (innovazione, inclusione, sostenibilità, etc…) incidono fortemente sulla presentazione dei valori aziendali al grande pubblico comportando molte volte un appiattimento su temi non realmente caratterizzanti. Ogni azienda ha le sue peculiarità e dovrebbe imparare ad attrarre grazie a queste anche perché rischia, in caso contrario, di non poter mantenere le promesse dichiarate.

Pubblicare i contenuti giusti attraverso i canali giusti; quanto è importante diversificare la comunicazione rispetto ai target di interesse?

Investireste del budget per un piano di comunicazione che prevede di contattare giovani neolaureati mediante quotidiani cartacei? Ogni pubblico ha determinate frequentazioni e specifici media sui quali transita. Ogni pubblico ha un proprio linguaggio (determinato anche dai media) e ogni pubblico è sensibile a temi caratteristici. Nella comunicazione a stabilire i canali, il linguaggio e i temi di interesse è il destinatario non il mittente. Un Piano Media deve partire da queste fondamentali considerazioni.

I tre ingredienti principali per uno storytelling di successo?

Le storie sono metafore della vita e permettono di presentare il punto di vista di chi racconta. Per interessare il pubblico occorre rispettare tre ingredienti fondamentali. Il primo è essere sempre utili. Il secondo consiste nel coinvolgere emotivamente chi ascolta. Il terzo “ingrediente” in realtà è la ricetta completa. Intendo dire che bisogna studiare i differenti modelli narrativi in modo da saper gestire un racconto senza aspettare che arrivi l’ispirazione salvifica.

I tuoi post terminano sempre con questo slogan: “Non è tutto Employer Branding quello che luccica”, ce lo spieghi meglio?

Tutta la mia vita formativa e professionale è stata caratterizzata dalla definizione di obiettivi e dall’individuazione del metodo migliore per raggiungerli. Nasco professionalmente come metodologo della ricerca sociale e questo essere attento ai processi mi accompagna ancora oggi. L’Employer Branding è diventata una moda che viene presentata molte volte fuori contesto o fraintendendone le reali implicazioni. Occorre partire dallo studio della letteratura esistente sulla disciplina per poi definire quali passi effettuare nella redazione di una strategia e quale prassi adottare nella messa in pratica di un intervento. Leggo tanti proclami che luccicano ma poi, nella realtà, non aiutano far conoscere le aziende come luogo di lavoro e ancor meno aiutano ad attrarre i candidati desiderati.

Quale frase, riflessione e/o aneddoto utilizzeresti per catturare l’attenzione dei tuoi ascoltatori sul tema Employer Branding?

Il mercato del lavoro è un mercato molto complesso e particolare. Due caratteristiche lo differenziano da tutti gli altri mercati. La prima è che tutte le aziende sono tra di loro competitor (basta essere interessati agli stessi candidati). La seconda è che gli attori che si muovono all’interno di questo mercato contemporaneamente comprano e vendono… tutti. In un colloquio di lavoro chi sta comprando e chi sta vendendo? Per riuscire a districarsi in questo contesto, quindi, occorre avere dei punti di riferimento e questi si ritrovano all’interno della disciplina dell’Employer Branding.
Ma attenzione… non è tutto Employer Branding quello che luccica!

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Intervista a Giuseppe Caliccia, Consulente strategico di Employer Branding. Direttore e ideatore del Best Employer of Choice (Employer Branding Observatory). Autore del volume “Guida pratica all’Employer Branding” edito Franco Angeli 2017.

Intervista a cura di Anastasia Santilli, Organizational Consultant, Mylia

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