Una delle ultime conversazioni avute con mio figlio è stata un lungo dibattito sul fatto che di punto in bianco lui ha deciso che la tuta- che era stato il suo abbigliamento per anni- non facesse più al caso suo. Perché non si sentiva più a suo agio, perché nella scuola media nella quale è entrato quest’anno “non corro più così tanto e perché adesso ho bisogno di esprimermi anche attraverso il modo in cui mi vesto”. E pazienza se ad inizio anno scolastico ne avevamo fatto incetta nel suo negozio di abbigliamento sportivo preferito!
“Non ti riconosco più!”
Questo simpatico teatrino familiare mi è tornato in mente di fronte ad un confronto avuto con un referente aziendale, che mi raccontava di aver bisogno di un intervento formativo per le proprie risorse, perché all’improvviso sentiva di non riconoscerle più, ma soprattutto, aveva il timore che questa incomprensione potesse causarne la perdita.
E si chiedeva (e mi chiedeva) dove fosse finito quell’idillio iniziale, quando abbiamo investito tanto in azioni finalizzate ad attrarre queste risorse con messaggi e promesse che oggi sembrano non avere più alcun valore.
Ho provato ad interrogare il mio interlocutore cercando di capire se avesse raccolto delle informazioni utili a comprendere questi segnali di malessere ed insieme, ci siamo confrontati su quanto si stesse facendo all’interno dell’organizzazione, per comprendere il ciclo di esperienza lavorativa delle persone.
Quanta consapevolezza ci fosse rispetto alle loro esigenze e su quali azioni si stessero mettendo in atto per supportarle via via che queste esigenze si evolvono. Perché è chiaro che il viaggio inizia con la fase di reclutamento e l’assunzione, ma non si ferma lì. Ci sono tante altre tappe che riguardano la crescita e lo sviluppo della persona, il tipo di esperienza che si fa sul posto di lavoro e gli aspetti di salute e benessere che la riguardano. E queste variabili cambiano nel tempo.
Meaningful connections
Se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi ultimi anni è che un employer branding efficace è quello che si realizza attraverso l’essere in grado di spostare l’attenzione a quello che succede alle risorse che abbiamo attratto e selezionato, una volta che le abbiamo portate dentro l’organizzazione. Una forte consapevolezza di cosa accade una volta che si comincia a vivere l’organizzazione dall’interno.
Una permanenza positiva, infatti, è quella che si basa su una reale comprensione dello scopo che le persone devono trovare all’interno del proprio lavoro e uno scopo che si possa direttamente linkare- ma anche evolvere- con gli obiettivi dell’organizzazione a tutto tondo.
Ma per creare uno scopo comune è fondamentale lavorare sulla costruzione di connessioni significative con le persone e per farlo è utile attingere a dei dati. Raccogliere informazioni che riguardano le persone e che consentano un’osservazione più puntuale del tipo di esperienza che fanno all’interno della nostra organizzazione. Dati utili a poter rispondere alla domanda: “Quali sono le priorità e le esigenze uniche e specifiche che ha la nostra forza lavoro?”.
Bespoke experience
Questi dati poi devono essere utilizzati per mettere in atto un approccio che non sia unico per tutti, ma che si differenzi proprio in funzione della comprensione di quanto sia diversificata la propria forza lavoro in termini di identità.
Questa consapevolezza deve poi essere utilizzata per progettare opportunità e vantaggi di apprendimento specifici che possono arricchire l’esperienza lavorativa personale.
In un simile scenario è evidente che lo scopo del management diventa allora quello di aiutare le persone a prosperare dentro l’organizzazione, parlare e ascoltare i dipendenti per comprenderne come cambiano i loro bisogni, aspettative, insicurezze e stress. Lavorare costantemente per adeguare gli strumenti che un’organizzazione può mettere a disposizione delle proprie risorse per accompagnarle nel percorso professionale unico che realizzeranno all’interno della nostra organizzazione.
Ps. Durante una chiacchierata con un’amica, mamma di un compagno di classe di mio figlio, ho scoperto che il suo di figlio da quest’anno vuole vestirsi solo in tuta e quindi……adesso le tute che avevo acquistato hanno un nuovo proprietario che le sta apprezzando tantissimo!
Nina Barreca, Training Product Manager,Mylia