Il Ruolo Cruciale delle Opportunità nel Successo Organizzativo

Da quando nel 1958 Michael Young lo approfondì nel suo libro distopico e satirico “The Rise of Meritocracy”, il concetto di meritocrazia è stato oggetto di grandi dibattiti e prese di posizioni contrastanti. Oggi si ripropone con forza, nell’attualità di un contesto che vede le aziende alla costante ricerca di modi per trattenere le proprie risorse e per ottenere da loro il massimo.

L’idea di chi sostiene e promuove la meritocrazia poggia sulla convinzione che il successo, in un’organizzazione, sia determinato in base alle capacità, alle competenze e ai risultati individuali. Un principio fondamentale, quindi, che pone l’accento sul riconoscimento e la ricompensa del valore e del merito individuali come fattori chiave per l’avanzamento professionale del singolo e la crescita dell’azienda alla quale questi appartiene.

Una cultura meritocratica stimola la motivazione nelle risorse, facilita l’innovazione perché favorisce la propositività, migliora soddisfazione ed efficienza, e diventa attrattiva per i talenti. Per questo molte aziende si sono avvicinate sempre più ad una politica di “riconoscimento del merito”, introducendo funzioni specifiche dedicate alla gestione dei talenti (Talent Management, Human Capital Management, ecc.), affinando criteri di valutazione chiari e oggettivi all’interno di Performance Management sempre più strutturati, implementando attività di formazione e opportunità di sviluppo a supporto del potenziamento delle competenze dei propri dipendenti, investendo in piani di comunicazione che puntano alla condivisione dei percorsi di carriera e alimentando sistemi sempre più articolati di continuous feedback.

In una posizione diametralmente opposta, invece, c’è chi sostiene che credere nella meritocrazia sia non solo ingannevole, ma anche pericoloso perché alimenta egoismo e discriminazione e, in contesto organizzativo, genera una pressione costante nel dover dimostrare il proprio merito con conseguenze negative sul benessere del singolo dipendente e sul clima generale di un’azienda.

Una lettura estrema ed estremizzata è stata data, più recentemente, da Michael Sandel che, nel suo “La tirannia del merito” (2021), descrive la meritocrazia come “ingiusta” e sottolinea come unici fattori determinanti il successo di un individuo la fortuna e la buona sorte.

Nonostante ciascuno di noi si sia trovato, almeno una volta, a invocare e sperare nella buona sorte, è sicuramente limitante considerare il merito come qualcosa di fortuito. Ma il pensiero di Sandel ci dà uno spunto interessante sul perché il talento da solo non basti per raggiungere il successo. E l’esperienza ci dimostra come, effettivamente, un fattore determinante ci sia; non è la fortuna, ma è l’opportunità. L’opportunità perché il talento possa esprimersi e, solo come conseguenza, possa poi essere riconosciuto e premiato.

“La fortuna non esiste, esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità” [Seneca]

L’opportunità, come circostanza favorevole, deve essere creata. Soprattutto nel contesto organizzativo che è fatto di strutture e sovrastrutture, di processi, di ruoli e responsabilità. Un contesto, quindi, dove la proattività non può essere arbitraria e l’intraprendenza non può essere sfacciata. L’opportunità deve essere creata – all’interno di un disegno organizzativo che lo consenta – in una dimensione quotidiana, effettivamente accessibile, alla portata di chiunque voglia coglierla. E la responsabilità prima di creare opportunità per le singole risorse all’interno di un’organizzazione è dei Manager.

Il Manager è, infatti, il primo e fondamentale punto di raccordo tra un’organizzazione e le risorse che la popolano. È sua la responsabilità di declinare il disegno organizzativo nella quotidianità di chi lavora in azienda, di concretizzare iniziative e programmi, e renderli accessibili a tutti. Non a caso il Manager è definito, nel linguaggio comune, “Responsabile”; perché risponde personalmente di ciò che accade, perché ha un ruolo determinante nel successo o nell’insuccesso dell’organizzazione e, all’intero del suo perimetro d’azione, della singola risorsa.

Ciascun Manager è chiamato a creare opportunità, ad operare perché si realizzino le condizioni migliori perché i talenti possano esprimersi, possano maturare, possano effettivamente essere riconosciuti. Una persona di talento, seppur dotata di proattività e voglia di fare, di idee e – perché no – di quel pizzico di incoscienza per uscire dalla propria zona di confort, rimane impantanata se chi ne è Responsabile non è in grado o non ha la volontà di creare per lei un’opportunità. Non è sufficiente un contesto organizzativo che promuove, nelle sue politiche più alte, la valorizzazione delle risorse e la crescita interna; che si impegna in piani di sviluppo per i propri talenti e in iniziative premianti per i risultati raggiunti, se poi i Manager – Responsabili delle singole risorse e quindi delle specifiche declinazioni di questi disegni più generali – non sono in grado o non hanno la volontà di creare opportunità.

Ed è davanti a questa realtà, triste ma tragicamente diffusa, che la meritocrazia diventa un mito, qualcosa di cui si teorizza ma che difficilmente si realizza, nonostante – appunto – le buone intenzioni. O ancor di più una chimera che genera frustrazione, disillusione e che porta al lento spegnimento dei potenziali o alla ricerca frenetica del “contesto ideale”.

LA MERITOCRAZIA È , QUINDI, UN FALSO MITO?

Assolutamente sì! Nel senso che è falso considerare la meritocrazia un mito. Al contrario, la meritocrazia in azienda è un modello di gestione che premia il talento, l’impegno e le competenze dei dipendenti. E in quanto tale è un obiettivo da perseguire con convinzione e impegno, per creare un ambiente di lavoro motivante e altamente efficiente.

È però necessario creare i presupposti perché questo obiettivo sia perseguibile, creando non solo una cultura aziendale orientata al merito, promuovendo l’identificazione e la promozione dei talenti, affinando criteri di valutazione chiari ed efficaci. Ma anche e soprattutto concentrando sforzi e attenzione sui Manager, su quel Middle Management che è – agli occhi dei dipendenti e nei fatti – la concretizzazione del disegno aziendale. Ciascun Manager è Responsabile nel garantire che il successo sia, davvero, accessibile a tutti.

Ornella Consolino, Learning Designer, Mylia

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