Riflessioni su come cambiano ruoli e competenze dei manager  

Il mondo del business è in continua evoluzione. Siamo ormai abituati a sentire parlare di VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity), di Digital Transformation e di Exponential Organization.

Tutti questi concetti si portano dietro non solo la trasformazione di prodotti e servizi, ma una vera e propria rivoluzione organizzativa, che cambia il modo in cui le aziende fanno business. E spesso le nuove teorie organizzative postulano sull’inutilità del manager; Agile, Lean, Holocracy sono solo alcune delle teorie su approcci organizzativi molto in voga in questo periodo e, pur con le dovute differenze, sono tutte volte a riconsiderare il ruolo del manager, in alcuni casi addirittura a ritenerlo un male non più necessario.

Con le dovute differenze, tante teorie moderne sostengono che la fabbrica o l’ufficio del XX secolo con il suo esercito di droni-lavoratori viene sostituito da organizzazioni più piatte, reti peer-to-peer, piattaforme, decentramento estremo, responsabilizzazione dei lavoratori, contratti indipendenti, imprenditorialità e altre forme di democrazia guidata dai lavoratori. Le transazioni tra aziende o tra lavoratori possono essere effettuate senza soluzione di continuità attraverso interfacce elettroniche e gestite dalla blockchain. Le tecnologie avanzate promettono una connessione  in tempo reale con i  colleghi ovunque ci si trovi e l’accesso a tutte le informazioni rilevanti per il compito da svolgere. Il coordinamento può essere svolto dai dipendenti attraverso la consultazione laterale con i colleghi e le aziende possono cooperare attraverso mezzi elettronici. Perché, allora, abbiamo bisogno di manager? [Nicolai Foss, Peter Klei: “No boss? No Thanks”, Aeon.co]

Finalmente ci potremo sbarazzare in un colpo solo di stipendi costosi e di controllori vecchio stile? Gary Hamel dichiarò nel 2011: “Per prima cosa, licenziamo tutti i manager… Pensa alle innumerevoli ore che i team leader, e i vice presidenti dedicano alla supervisione del lavoro degli altri”.

Beh, certo, se il ruolo del manager fosse questo, dovremmo tutti marciare con i cartelli “VIA I MANAGER!”. Ma forse, più che cacciare i manager, dovremmo preoccuparci di cosa fanno e in che modo impiegano il loro tempo!

Nel mondo certo e sicuro del taylorismo al manager era chiesto di monitorare, controllare, definire e regolamentare il lavoro dei collaboratori (vigeva la cosiddetta separazione tra progettazione ed esecuzione, con i manager dedicati alla prima e i collaboratori alla seconda). Ma nel mondo nuovo, nel quale stiamo vivendo, non sono più questi i compiti che dovremmo aspettarci dall’attività manageriale. Intendo dire: non è che con l’Agile la gestione sia diventata meno rilevante di prima (anzi forse lo è ben di più). Semplicemente viene richiesto ai manager di fare cose differenti, di lavorare diversamente, fino a ridefinire ciò che deve essere un manager.

Come dice Yves Morieux (BCC-Senior Partner Dubai) “[i manager] devono smettere di pensare a se stessi come i maestri progettisti di strutture organizzative, processi, regole e procedure cablate. Devono invece diventare gli orchestratori quotidiani di un sistema comportamentale flessibile e dinamico, che liberi l’autonomia e l’iniziativa dei dipendenti e le metta al servizio di una cooperazione più efficace per raggiungere gli obiettivi dell’organizzazione.”

E del resto questo cambiamento è oltremodo necessario se si considera che la complessità aziendale odierna – che cresce esponenzialmente e che riguarda l’aumento dei segmenti di clienti, di stakeholder, di competitor, di competenze e conoscenze richieste, etc – non richiede più approcci manageriali che erano invece adeguati nel pre-VUCA. In altre parole, il vecchio modello di comando e controllo diventa un ostacolo, perché con l’aumentare della complessità la corrispondenza tra procedure formali e i risultati che si conseguono tende a sfaldarsi.

E la vecchia managerialità come prova a risolvere questa complessità che sfugge alle regole?….Imponendo  ancora più regole, più procedure e processi! Mi ricorda quel tale che voleva tappare le falle della diga usando le proprie dita…

Sempre Morieux, “Per guidare il loro intervento nel sistema comportamentale, i manager devono coltivare un nuovo set di abilità, costituito da tre compiti di alto livello.

  1. L’ inquadratura attraverso l’azione. È il principio generale della gestione nel nuovo ambiente di lavoro: in un contesto aziendale più dinamico e fluido, l’inquadratura fondamentale che fanno i manager deve avvenire attraverso l’azione, ovvero attraverso il loro intervento continuo nel sistema comportamentale dell’organizzazione
  2.  L’integrazione attorno al compito. Questo è il modo in cui il principio generale si manifesta in prima linea nell’organizzazione. I manager devono essere in grado di integrare singoli collaboratori in un team nel quale gli obiettivi individuali di ciascun componente sono secondari rispetto a quelli dell’intero team. Ma questa integrazione non può avvenire per esercizio di controllo gerarchico; Il ruolo del senior manager in un’organizzazione agile non è quello di determinare il contenuto del lavoro delle persone. Piuttosto, è fornire il contesto per quel lavoro. Ciò significa aiutare i dipendenti a capire come i loro obiettivi immediati si collegano agli obiettivi strategici e di business dell’organizzazione. I senior manager devono articolare un solido contesto strategico che i team possano utilizzare come una “stella polare” che allinei la loro autonomia a tali obiettivi, guidandoli mentre esercitano la loro iniziativa.
  3. Infine, plasmare il contesto organizzativo. Questo è il ruolo dei senior manager nel nuovo ambiente di lavoro. Quando i compiti sono complessi, i senior manager devono dedicare il tempo necessario a modellare un contesto organizzativo che consenta alle persone di concentrarsi sul valore”

In un mondo complesso e caotico, la regola e la progettazione del compito sono  sostituite dalla definizione di obiettivi e traguardi. In questo modo il collaboratore non si limita a eseguire, ma esercita l’iniziativa tramite gli obiettivi strategici. E del resto questo inquadramento non è sufficiente. Al manager è chiesto di agire, perché l’inquadramento è in costante trasformazione, un divenire continuo, in risposta costante all’evoluzione del mercato e del contesto competitivo. La complessità esclude le regole come mezzo efficace per gestire le attività organizzative e le sostituisce con l’azione. Che per altro è fondamentale anche per via della iperspecializzazione delle competenze richieste nel mondo moderno, che impone di avere nei team di lavoro una pluralità di competenze e conoscenze e che richiede al manager di saperle orchestrare, armonizzare ed equilibrare costantemente. E occorre che lo faccia stando a fianco del team, leggendone le evoluzioni e gli equilibri. E favorendo la cooperazione dei team complessi: cosa che è possibile fare solo stando nei team, quindi stando vicini al lavoro nella sua costante esecuzione. E non tanto per gestire le singole persone del team, ma per gestire il comportamento del team (nel senso di creare un ambiente in cui le persone trovano desiderabile dedicare tutto il loro impegno al compito da svolgere, esercitare l’iniziativa, cooperare in modo costruttivo con i colleghi).

E’ chiaro che se questo è il compito che attende i manager, forse ci dovremo preoccupare delle nuove competenze dei manager e quindi anche di come far crescere una risorsa fino al ruolo manageriale. Certamente la competenza tecnica rimarrà un elemento importante, ma sarà ancora più centrale la  capacità di gestire comportamenti in contesti organizzativi di complessità crescente.  Ancora una volta, se accettiamo il mondo VUCA, allora dobbiamo conseguentemente rifuggire il vecchio modello di “progettazione” del modello fondato sul controllo. Se il mondo richiede approccio agile, allora dimentichiamoci la progettualità precostituita, anche nella definizione stringente delle competenze dei manager.

Ma certo, se volessimo usare le vecchie teorie del mondo che è passato, sono convinto che, riviste e aggiornate, le cosiddette soft skills saranno sempre più centrali e vitali nella vita lavorativa del manager.

Voi che ne dite?

Roberto Pancaldi, Managing Director, Mylia

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