Quali interconnessioni possibili per il benessere delle persone e delle organizzazioni?
La Sicurezza nei luoghi di lavoro
Ancora oggi nel 2022 apriamo il giornale e restiamo attoniti di fronte all’ennesima morte sul luogo di lavoro. Ci chiediamo come sia possibile. Il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro è indubbiamente molto complesso e coinvolge molte differenti responsabilità all’interno delle organizzazioni e delle istituzioni.
L’INAIL ci ricorda che nel quinquennio 2015-2019 gli infortuni sul lavoro sono diminuiti del 5,1% arrivando a 405.538 casi nel 2019. Gli infortuni mortali seppur in calo del 17,2% rispetto al 2015, nel 2019 sono stati 628. C’è ancora molto da fare!
Abbiamo assistito, con il D.Lgs. 81/2008, ad un vero e proprio boom della formazione sui temi della sicurezza, grazie anche ai cospicui finanziamenti messi a disposizione delle imprese. Ed è da questa prospettiva che osserviamo la questione, concentrando la riflessione su quanto grande sia stata l’opportunità per le imprese e le persone di essere supportate, attraverso la formazione, nella messa a terra della normativa. Basti pensare che solo Fondimpresa ha finanziato dal 2007 piani formativi, per la salute e sicurezza sul lavoro, attraverso avvisi e conti formazione del valore totale di 700 milioni!!!
Eppure, chi come noi si occupa di formazione all’interno delle organizzazioni, non riesce a smettere di chiedersi cosa si può fare in più o di diverso per contribuire alla promozione di procedure efficienti, favorendo una cultura della sicurezza, della salute e del benessere organizzativo.
La Psicologia del lavoro per la sicurezza
Implementare percorsi di formazione su queste tematiche all’interno delle organizzazioni è fondamentale e la psicologia del lavoro può essere a servizio delle persone nella costruzione di una conoscenza e di una pratica a sostegno dei sistemi di gestione della sicurezza e della salute.
Fin dai primi anni della mia avventura professionale, mi sono trovata di fronte alla richiesta di costruire percorsi di formazione sui temi della gestione dello stress, per sviluppare strategie di benessere all’interno delle organizzazioni. Convinta della reciprocità tra benessere individuale e benessere organizzativo, cercavo di comprendere quale fosse la visione del benessere all’interno delle organizzazioni e quanto le organizzazioni offrissero alle persone la possibilità di esprimersi, di utilizzare al meglio le loro conoscenze, capacità, esperienze, desideri nella vita di tutti i giorni. Consapevole che fosse questa la strada per orientare i percorsi di formazione sul tema.
Il grande dilemma delle organizzazioni
Tuttavia, lo scenario che osservavo – e osserviamo – era quello di organizzazioni frammentate in tante monadi, tanti piccoli nuclei, operanti spesso senza una chiara visione d’insieme e sicuramente senza una strategia del benessere organizzativo, come guida per la gestione delle risorse umane. All’interno di ogni organizzazione ci sono tante altre piccole e grandi organizzazioni.
Da una parte troviamo persone, che per ruolo e funzione, si occupano di offrire percorsi per approfondire conoscenze, utilizzare strumenti e allenare le capacità di risposta ad eventi critici, per elaborare proprie strategie di benessere. Da un’altra parte, differenti ruoli e funzioni – con obiettivi e responsabilità costruite verticalmente – lavorano separatamente alla costruzione di processi, strumenti, sistemi di gestione della sicurezza e modalità operative. È semplice quindi comprendere come questa frammentazione possa generare quantomeno disarmonie nelle risposte delle persone.
Ma si sa che i processi e le procedure non facilitano in automatico l’esercizio delle proprie attività.
Gli strumenti e le modalità operative, se non tengono in considerazione come funzionano le persone e come gestiscono le relazioni, non permettono l’espressione delle migliori risorse di ciascuno, non facilitano la costruzione di relazioni proficue e ambienti ove la cultura della sicurezza può maturare.
Di fronte a questo dilemma ho cominciato a chiedermi come quello che avevo studiato (psicologia del lavoro e delle organizzazioni) potesse offrire alle persone e alle organizzazioni nuove chiavi di lettura e strumenti capaci di dare un senso più ampio e profondo ai temi caldi delle organizzazioni, a cominciare dalla messa in sicurezza dei comportamenti, per aspirare ai temi più evoluti del benessere e della realizzazione professionale.
La centralità del fattore umano
La formazione e la psicologia del lavoro possono supportare le persone e le organizzazioni nel costruire una strategia di messa a terra dei sistemi di gestione della sicurezza e della salute.
La finalità è quella di aiutare le persone a mettere in gioco tutte le loro risorse, tutte le capacità, le conoscenze, le emozioni e i desideri soprattutto di fronte a situazioni difficili, ove la paura o la frustrazione o la delusione possono annebbiare la lucidità, facendo scivolare in trappole pericolose.
Proprio qui la psicologia del lavoro può offrire strumenti per la gestione, la conoscenza, la consapevolezza, e l’utilizzo delle percezioni e delle emozioni, attraverso una comunicazione autentica e un lavoro di partecipazione. Attraverso azioni e comportamenti sicuri diffusi, condivisi, linguaggi che orientano, leve che ingaggiano tutti, possiamo contribuire allo sviluppo di buone pratiche e abitudini in sicurezza per la comunità e la convivenza.
La riflessione si sviluppa su tre piani di applicazione e intervento della psicologia del lavoro nella formazione (in generale) e nella formazione sui temi della sicurezza in particolare:
1. Dimensione culturale e mindset. Viviamo in un sistema incerto e in continuo cambiamento, è dunque fondamentale il supporto per lo sviluppo di strategie funzionali alle persone in particolare nelle situazioni più critiche e sfidanti. Mentre per le organizzazioni il supporto è volto alla realizzazione di progetti formativi per lo sviluppo di relazioni e di integrazione sociale, per migliorare la qualità dei processi e della convivenza organizzativa.
2. Dimensione metodologica. La psicologia del lavoro può intervenire proponendo adeguate metodologie a sostegno del funzionamento della persona nel suo processo di apprendimento e di adattamento alla realtà che cambia. Metodologie che devono essere utilizzate anche per progettare percorsi di formazione tecnici, perché la buona conoscenza di una procedura unitamente alla consapevolezza e prevenzione del rischio aiuta ad agire in sicurezza.
3. Dimensione operativa. La psicologia del lavoro è in grado di proporre strumenti semplici, utili per l’apprendimento, adatti a far esprimere le proprie risorse personali e dell’organizzazione. È importante, inoltre, tenere presenti le conoscenze ergonomiche per la progettazione di tecnologie per la formazione e per il miglioramento dell’interazione fra individui e specifici contesti di attività.
C’è poi un aspetto trasversale sul quale la psicologia del lavoro può dare il suo contributo, unitamente alle altre discipline che si occupano di organizzazione. È quello dell’integrazione tra le diverse parti dell’organizzazione e della costruzione collettiva dell’esperienza, favorendo una visione e una mappa di insieme. Le persone hanno bisogno di capire dove sono e a cosa contribuiscono, qual è la strada da percorrere, per quali scopi, entro quale spazio sono interconnesse e quali sono le responsabilità per sé e per l’insieme.
Questo si attualizza, nei percorsi di formazione, attraverso un pensiero progettuale, che faciliti la costruzione dell’esperienza personale e collettiva, integrando le risorse a disposizione nel contesto aziendale specifico. Così si potrà puntare sul fattore umano anche per la sicurezza, mettendo al centro le persone e le relazioni, e abilitando processi di relazione e integrazione. Le procedure servono se aiutano le persone a mettere a terra le loro conoscenze e capacità tecniche in comportamenti sicuri e relazioni costruttive, che permettono nel tempo buone e sane abitudini.
Francesca Quintiliani, R&D Coordinator, Mylia