Intervista a Lorenzo Fantini, Avvocato giuslavorista, già Dirigente del Ministero del Lavoro nel periodo in cui è nato il Testo Unico sulla Sicurezza sul lavoro Dlgs. 81/2008

Con lo sguardo rivolto verso il nuovo Accordo Stato Regioni in attesa di pubblicazione quali sono gli aspetti che dovrebbero essere ‘attenzionati’ dai responsabili della sicurezza?

La strada migliore mi sembra quella indicata dalla giurisprudenza. Visto che la formazione è misura prevenzionistica essenziale, occorre assicurarsi che i percorsi formativi siano efficaci, cioè abbiano prodotto un risultato positivo in termini di conoscenze in uscita. Bisogna, in pratica, curare che il discente – al termine del “processo educativo” (questa è la definizione di formazione che troviamo nel d.lgs. n. 81/2008) – abbia aumentato le sue conoscenze in materia di prevenzione.

Come si è trasformato il ruolo della formazione sulla sicurezza e quale visione per il futuro?

La mia opinione è che la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro sta cambiando troppo lentamente, prigioniera di una regolamentazione troppo burocratica, contenuta negli Accordi Stato-Regioni, in cui si impone a tutti il rispetto di regole formali (numero di ore, come redigere gli attestati etc.), e poco attenta agli aspetti sostanziali dei percorsi formativi. Che devono essere effettivi, efficaci e idonei a modificare i comportamenti dei soggetti formati.

Quale relazione c’è tra valutazione del rischio e programmazione della formazione?

La formazione in materia di salute e sicurezza dovrebbe essere la “proiezione” della valutazione dei rischi, nel senso che – a parte i concetti generali (che sono sempre gli stessi per ogni azienda) legati alla spiegazione al discente di cosa significhi il rischio, come va prevenuto, che ruolo viene riservato a dirigenti, preposti e lavoratori etc. – dovrebbe comprendere concetti e procedure che siano specificamente legati alle mansioni svolte e, quindi, ai rischi di riferimento. Troppo spesso questo non accade, con il risultato che il discente si annoia su concetti troppo generali e non attinenti alle sue attività e la formazione non ottiene il suo scopo prevenzionistico. 

La formazione per essere effettiva ed efficace così come prevede il T.U. quali caratteristiche deve avere?

 La formazione in materia di salute e sicurezza va progettata con attenzione:

  • avendo a riferimento la tipologia di discente (il linguaggio e gli strumenti mediatici da usare vanno diversificati in relazione ai destinatari)
  • individuando l’obiettivo del percorso formativo
  • inserendolo in un procedimento che potrebbe comprendere anche altre misure di prevenzione (in particolare, l’addestramento, che integra, per chi svolga certe attività, la formazione, ma anche la fornitura di dispositivi di protezione individuale, rispetto ai quali va anche svolta attività di informazione e, quando necessario, addestramento)
  • prevedendo una serie verifica finale di apprendimento.

Nella direzione giusta mi pare si sia mosso il Legislatore, visto che la legge n. 215/2021 ha previsto la pubblicazione di un “nuovo” Accordo Stato-Regioni per ottimizzare l’attuale disciplina in materia prevedendosi, tra l’altro, l’obbligo di verifica di apprendimento, da realizzare anche on the job, cioè controllando giorno per giorno se quanto discusso in sede di formazione sia ancora nel patrimonio di conoscenze del soggetto formato.

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