Le sfide di un nuovo umanesimo

Tra le moltissime aree impattate dal cambiamento pandemia-digitalizzazione-ripartenza, la parte collegata allo stimolo e alla crescita della persona, delle sue competenze e delle organizzazioni di lavoro nelle quali opera merita sicuramente un’attenzione particolare. E’ certo che la grande onda tecnologica abbia inciso, e sempre più lo farà, anche sulla vita delle persone; ed è quindi chiarissimo quanto debba, di conseguenza, impattare sulla formazione, nel momento in cui questa si pone come obiettivo il supportare tanto le prime quanto le seconde nella crescita e nello sviluppo.

La formazione tra capacità umane e digitali

Persone e organizzazioni hanno in questo momento un primario obiettivo: fare in modo che le tecnologie aumentino le capacità umane. Consapevoli di non essere esaustivi su un tema su cui tanto si sta discutendo, scrivendo, studiando, possiamo dire che dal punto di vista professionale l’obiettivo potrebbe essere “ibridare” le competenze umane con le tecnologie al fine di aumentare la capacità di performare. E qui entra in gioco la Formazione. Cosa dovrebbe fare? Come può riuscire nel compito di creare questo ponte tra capacità “Phyd”, fisiche, umane e digitali?

A nostro parere è importante partire da un assioma: la tecnologia ben utilizzata esalta la parte fisica; perché se è vero che deve servire ad aumentare e migliorare le capacità umane nel senso illustrato poco sopra, è ancor più vero che la macchina (dal pc alla più attuale e sofisticata AI) aiuta l’uomo nella presa di decisione con maggior velocità e consapevolezza, esaltandone ancor di più la parte fisica: infatti chi guida la macchina stessa è pur sempre l’uomo. Se è vero quanto detto allora, la parte hard delle competenze umane perde di interesse, soprattutto la parte dell’operatività che viene demandata alla tecnologia; tutto ciò richiede quindi uno spostamento dell’attenzione verso le soft skills in particolare verso quel mindset che renda “potabile” il rapporto dell’uomo con la tecnologia.

Esuliamo dai contenuti, dal cosa, dai singoli bisogni, dal perché: proviamo a concentrarci sul metodo, sul come.

Oltre al tema dell’ibridazione fisico/umano con il digitale/tecnologico, non dobbiamo dimenticare il contesto. Il contesto di incertezza economica, di incertezza sociale, di complessa prevedibilità di quella che spesso si è definita “società o economia liquida”. Si parla di upskilling, di reskilling, ma sempre di più anche di deskilling perché alcune delle componenti tipiche del lavoro umano vengono cedute all’automazione: bisogna capire quali sia più strategico cedere e coprire questi spazi con competenze spesso da creare ex novo.  Tutto questo, oltre a posizionare la Formazione al centro del processo, pone un serio interrogativo su come debba essere improntata: dovendo fare qualcosa di completamente nuovo nei contenuti e negli obiettivi è molto probabile che, per farlo bene, sia necessario costruire una metodica nuova e più aderente.

Il nostro obiettivo è quello di porre l’attenzione sull’elemento di ricerca di nuove metodologie, affinché si risponda con sempre più aderenza alle necessità che il nostro “nuovo reale” ci impone. Quanto dell’elemento progettuale di percorsi formativi è ancora solo legato ai contenuti e poco a come questi vengano trasferiti? Verrebbe da dire molto.

Il nuovo imperativo: Essere Eclettici!

Oggi però alla Formazione non si chiedono (solo) contenuti, che spesso diventano superati e invecchiano molto rapidamente; quello che è il vero bisogno a cui la Formazione dovrebbe rispondere è probabilmente insegnare ad imparare.

La nostra realtà, la nostra vita, tanto nella sfera professionale che privata, cambiano in maniera così repentina e spesso radicale che ci troviamo a rincorrere con affanno il cambiamento che quasi sempre è impossibile non solo pre-vedere, ma a volte anche capire al suo verificarsi. I macro trend con cui ci confrontiamo ora, legati ai temi della digitalizzazione, dell’innovazione condivisa, della green-economy e della sostenibilità, ci hanno fatto capire quanto sia necessario per persone e organizzazioni essere pronti al cambiamento, essere eclettici (più positivo e meno passivo di “resiliente”), essere consapevoli che è fondamentale trovare costantemente un equilibrio che oggi è già diverso da quello di ieri e che probabilmente domani sarà nuovamente cambiato.

Si parla di “nuovo umanesimo”, di un nuovo modo di rapportarsi dell’uomo rispetto alla tecnologia, alla necessità di condivisione delle innovazioni rispetto alla natura: riuscire ad essere esaustivi o anche semplicemente efficaci su queste tematiche è impresa ardua in termini di contenuto.

La formazione, nella sua funzione di crescita e sviluppo, può, o meglio deve, puntare a trasferire gli strumenti culturali per affrontare queste sfide. Vuol dire non solo considerare il contenitore, ma soprattutto il come e di cosa riempirlo. Insegnare ad imparare, appunto.

Alla Formazione è quindi richiesto qualcosa di completamente diverso, farlo con gli stessi modi e gli stessi strumenti usati per le sfide del passato sarebbe quanto meno irrazionale. Individuare quali siano queste nuove strade per comprendere i corretti spazi, progetti, interlocutori e tecniche è il vero primo obiettivo a cui la Formazione deve tendere in uno sforzo comune che deve coinvolgere tutti gli stakeholder. Analisi, ricerca, creatività, comunicazione per arrivare alla Formazione che insegna ad imparare.

Angelo Loparco, Training Operations Manager, Mylia

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