Nuovi spunti per la cura del candidato e dell’employee
Intervista a Roberta Zantedeschi, Recruiter advisor, formatrice e consulente in ambito HR con focus su comunicazione efficace e scrittura professionale
Perché le persone (anche i giovani) sono spesso restii a fare Personal Branding online?
Credo che i fattori che ostacolano il personal branding siano più di uno, in particolare se ci rivolgiamo ai giovani. In generale permane l’idea che a fare personal branding siano solo le e i freelance o chi ha un’esposizione pubblica considerevole. Secondariamente si confonde il personal branding con la promozione di sé, al confine con la pubblicità. Per quanto riguarda le persone giovani posso ipotizzare che vi sia un po’ di stanchezza e di resistenza a sentire parlare di personal branding, una terminologia (e forse un approccio) che considerano superata. Non ho una vera e propria risposta ma la sensazione che nelle pieghe del rifiuto possa nascondersi, più che pigrizia o incompetenza, una visione differente che spero possa venire a galla e contaminare anche noi della scuola del personal branding.
Cosa intendi quando dici “Fare recruiting è e sarà sempre più fare marketing”?
Non basta pubblicare un annuncio di lavoro per attrarre persone e CV interessanti, le e i candidati sono persone da attrarre, interessare, coinvolgere e motivare a sceglierci. Questo nuovo approccio del recruiting deve attingere alle competenze e alle logiche del marketing e lavorare attraverso la comunicazione, la creazione di relazioni e la cura della candidate experience. Naturalmente lo stesso discorso vale per chi cerca lavoro, è un marketing reciproco quello che richiede oggi il social recruiting.
In effetti sempre più spesso sentiamo parlare dell’importanza di lavorare in ottica di ‘Personal Branding’; qual è a tuo avviso la strategia da mettere in atto?
Il personal branding è frutto di due processi: uno interno di consapevolezza di sé e uno esterno di relazione con il proprio pubblico o target. Si parte da dentro per poi esporsi con consapevolezza, efficacia, competenza e autenticità. Strategicamente è importante comprendere che fare personal branding significa stare nella relazione per coltivare credibilità e fiducia, non è solo un promuoversi, è un mettersi in dialogo, con la complessità che questo richiede, ma anche con la bellezza e il valore che porta.
È sotto gli occhi di tutti il cambiamento che negli ultimi anni ha riguardato il processo di selezione; in che modo si è evoluto?
Il processo di selezione si è impregnato di relazione grazie alla consapevolezza che a valutare e scegliere si è in due: chi cerca persone (le aziende) e chi offre competenze (le persone). In passato le aziende avevano più voce in capitolo e il rapporto tra domanda e offerta era senza dubbio sbilanciato. Oggi c’è un maggiore equilibrio (instabile e mai omogeneo, ma sicuramente maggiore rispetto al passato). Come per tante altre attività, la presenza dei social ha sensibilmente modificato le logiche e le dinamiche della ricerca e selezione che, se da un punto di vista di processo è abbastanza standard, dal punto di vista del contenuto relazionale e dell’approccio, è molto cambiata arricchendosi di cura, attenzione, socialità e dialogo.