Siamo cambiati, tornare indietro è impossibile.
La notizia della “ri-chiamata” alle armi di un noto Gruppo Assicurativo italiano a tutti i suoi circa 10.000 dipendenti ci fa riflettere! Dopo un anno e mezzo di Smart Working tutti devono tornare in ufficio, senza se e senza ma.
Poco prima, nel fatato mondo della Pubblica Amministrazione, era accaduto qualcosa di analogo seppur con le dovute differenze date le caratteristiche contrattuali e tecnologiche del settore. Ennesimo caso di SFIDUCIA nei confronti dei lavoratori.
Fine del lavoro agile e ritorno a 22 mesi fa così, in un battibaleno!
Alcune riflessioni sorgono spontanee e sono probabilmente doverose “In che misura possiamo ottenere un diverso equilibrio tra home working e office working? Fino a che punto un modello ibrido è implementabile nel contesto lavorativo italiano? Davvero gli immani sacrifici (parlo di quelli legati alla limitazione della libertà delle nostre vite) non sono serviti a nulla?”.
Altra sorpresa è stato vedere come i dipendenti che vivono iniziative simili, con le relative rappresentanze sindacali, manifestino il proprio dissenso dando priorità solo a questioni legate alla sicurezza: la pandemia non è finita! È in arrivo la 4° ondata. In ufficio non sono garantite le condizioni minime di sicurezza. Come se questi fossero gli unici punti su cui discutere! Poche e timide le considerazioni legate al tema sostenibilità del lavoro agile, che abbatte il pendolarismo, il traffico fuori controllo nelle ore di punta e le relative emissioni ed inquinamento, contribuendo a migliorare le disastrate condizioni ambientali.
Verso la Work Life Effectiveness
La verità è che il Covid19 ci ha catapultati all’anno zero, resettando il concetto di work life balance, spostando l’ago della bilancia verso la dimensione life e non verso quella work, ma innalzando notevolmente responsabilità, livello delle performance, vicinanza (non fisica!) e senso di appartenenza alle organizzazioni che non solo ci ospitano ma di cui ci sentiamo parte integrante.
Parliamo allora di work-life effectiveness, in certo modo un’evoluzione rispetto alla semplice ricerca del bilanciamento tra le due componenti, da mettere in atto come fosse una vera strategia di affari.
L’obiettivo è puntare a una gestione degli impegni (professionali) e delle necessità (personali) perfezionata e di lungo termine. Il beneficio derivante da questa strategia, raccontato anche i numeri, ricade su tutte le parti interessate: una programmazione “efficace” si traduce in maggiore produttività del dipendente, più attaccamento al proprio incarico e alti livelli di soddisfazione. Di conseguenza porta anche a risultati positivi duraturi e solidi per l’azienda stessa. (Work-life effectiveness: dall’equilibrismo alla gestione organizzata dei tempi Il sole 24 ore Maria Paola Mosca)
I ricercatori Jeffrey Greenhaus (Drexel University) e Gary Powell (University of Connecticut) affermano da tempo l’importanza di espandere il concetto di equilibrio tra vita professionale e vita personale affinché non sembri una suddivisione fra ambiti diversi. Ne auspicano invece un’alleanza. Abbiamo dimostrato ai nostri manager, di essere in grado di raggiungere i target assegnatici lontano da uffici e sedi, lavorando davvero per obiettivi e mostrando una maturità quasi sorprendente per alcuni.
Il manager che si limita a controllare e sovrintendere è oggi in grande difficoltà perché non vede i propri collaboratori, e se non li vede non è certo che stiano lavorando, anzi è quasi sicuro che non lo stiano facendo: tale figura è ormai obsoleta, oggi abbiamo bisogno di servant leader, manager che si mettano a disposizione delle persone e che ci supportino, facilitino, ispirino! (Startupper in azienda – Liberare il potenziale imprenditoriale nascosto nelle organizzazioni di R. Battaglia, Egea Edizioni)
Il manager alla Fayol, che soprattutto pianifica e controlla, dovrebbe lasciare il posto al leader che ci sta vicino “umanamente” anche da remoto, che aumenta il nostro grado di autonomia e responsabilità, che è conscio di quanto il nostro benessere personale possa incidere sul livello della performance individuale e di gruppo.
Di certo gli spazi fisici condivisi sono mancati e mancano tuttora a molti di noi, non ne possiamo fare a meno in termini assoluti. Crediamo però che, attraverso un periodo (magari non troppo lungo) di transizione, si possa provare a tendere al raggiungimento di un obiettivo comune, quello di poter scegliere.
Immaginiamo un mondo del lavoro dove stabilire sulla base degli obiettivi se andare o meno in ufficio, se presidiare una riunione in presenza o in distance, se incontrare un cliente presso la sua sede o in Teams. Probabilmente solo allora avremo fatto davvero un passo avanti e scritto una pagina indelebile nel libro del mondo del lavoro: allora SI che avremo colto l’opportunità di migliorare le cose, fornitaci da un evento tanto unico quanto drammatico come la pandemia.
Siamo stati forti e proattivi nei mesi più bui e difficili!
In un futuro molto prossimo, nel valutare di cambiare lavoro o nell’accettare una nuova proposta, la delocalizzazione geografica (ovviamente parziale) dalla sede di lavoro, avrà un peso specifico molto più alto rispetto ad oggi: lavorare da remoto varrà quanto 10, 20, 30, 50K sulla RAL di riferimento.
Il mondo è cambiato, per sempre.
Benvenuti nel futuro (PRESENTE!).
Maurizio Di Virgilio, Learning Advisor, Mylia