Guidare le strategie per l’innovazione mantenendo organica la visione degli asset, della coerenza tra investimenti, ROI e impatto sulla popolazione aziendale.
Il Piano Biennale 2022-2023 del Governo Italiano per sostenere la transizione al 4.0 consiste in 18,45 miliardi di € (dati da PNRR + Piano Complementare + NextGeneration UE). Ma cosa potremmo aver imparato dal triennio 2017-2019, anni in cui evidentemente la disponibilità alla spesa per asset tecnologici materiali e immateriali è cresciuta progressivamente? Pensate che solo tra il 2018 e il 2019 il mercato dell’IoT in Italia era cresciuto del 18,3% (da circa 2,9 mld di € a più di 3,5): IoT che scegliamo come champion di questa crescita perché per certi versi, più di altre tecnologie, implica cambiamenti nel modo di gestire il business, sia lato sviluppo prodotto, sia lato servitizzazione.
Come spesso accade, il dato più interessante è quello che non si vede, ovvero più difficile da ricavare. Se, infatti, tra 2017 e 2019 gli investimenti tecnologici con iper e super ammortamento hanno comportato un incremento mensile medio degli occupati del 2,3%, il dato dell’esperienza di Mylia basato sul rapporto con circa 1150 clienti all’anno ci dice che a quell’aumento non è corrisposta una effettiva capacità di ottimizzare l’utilizzo dei beni tecnologici citati. Beni spesso immagazzinati, ma non immediatamente integrati ai sistemi esistenti.
E quanto ci costa tutto questo nel mancato allineamento al resto della struttura organizzativa? Non solo sistemi per la Produzione e IT/ICT, ma anche in ambito People: ossia professionalità il cui mancato adeguamento rallenta la messa in esercizio o blocca l’efficacia del bene acquistato.
Co-valutare gli investimenti sugli asset: materiali, immateriali, intellettuali.
A questo punto del ragionamento introduciamo il concetto di co-valutazione, dell’investimento materiale rispetto al mancato investimento sulle competenze tecniche. E quindi cerchiamo di comprendere, pesare il mismatch tra l’opportunità dell’investimento tech e l’opportunità di un commisurato/coerente investimento sul knowledge dell’organizzazione.
Abbiamo pensato alla coerenza tra investimenti SUGLI asset e adeguamento DEGLI asset?
Se abbiamo acquisito una tecnologia X, siamo sicuri che l’adeguamento delle competenze delle persone sia ottenibile e “fruibile” (al pari di una macchina che si “accende e parte”) immediatamente?
Cosa perdiamo in processi di adeguamento? E in valutazione di cosa adeguare, mentre le macchine dovrebbero già essere in pieno esercizio?
Il criterio è quello del rispecchiamento della maturità degli asset, misurabile con strumenti (ormai noti) di analisi dello stato di maturità (o readiness) sia relativa a processi e tecnologie, sia relativa al digital mindset, alle competenze digitali, al design dei profili professionali.
Vediamolo con un caso concreto, che fa scuola a sé poiché ormai si tratta di un approccio modellizzato e ampiamente replicabile.
Un’azienda dell’indotto del farmaceutico ha messo in relazione la previsione degli investimenti tech (per promuovere un avanzamento della capacità produttiva) con la robustezza delle spalle che avrebbero dovuto sostenere gli investimenti, cioè le competenze di tutte le professionalità presenti nell’organizzazione.
Cosa e quanto manca ai miei professionisti per applicare e ottimizzare al 100% gli investimenti che l’azienda farà nel prossimo biennio? Quali sono gli investimenti digital e tech che è opportuno prioritizzare nel breve-medio periodo?
Con queste domande si è preparata la strada ad un approccio organico a nuove tecnologie: pensando alle persone, alle finanze, a requisiti e specifiche strettamente tecniche.
Risultati? L’azienda non partirà, come tante, nel 2023 a “scartamento ridotto”, con aggiustamenti progressivi, ma partirà con la baseline delle professionalità all’altezza delle innovazioni introdotte, quelle e solo quelle che sono assorbibili nel medio periodo da questa cultura organizzativa.
Flusso:
- requisiti tech acquisibili e integrabili in tempo “0” -> 2. verifica delle corrispondenti tech skills specifiche presenti o in quanto tempo acquisibili dalle persone con upskilling (no reskilling)
Per 1: verifica della readiness degli asset materiali e immateriali secondo standard internazionali
Per 2: verifica dello status delle hard skills delle famiglie professionali
Siamo convinti che, operando così potranno essere tutti soddisfatti: CFO, HR, Produzione e R&S, colletti blu e bianchi.
Pasquale Lovino, Business Scouting Manager, Mylia